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Nel 2021, sulle televisioni sudcoreane compariva un volto che moltissimi credevano reale: “Rosie”, un influencer virtuale creato per uno spot di Shinhan Life. Con oltre 10 milioni di visualizzazioni su YouTube, suscitava stupore e ammirazione. “Pensavo fosse una persona vera, ma poi ho scoperto che era digitale” commentava il pubblico, impressionato dalla perfezione della sua presenza.

Quattro anni dopo, la tecnologia IA ha compiuto un balzo in avanti. Oggi, chiunque può creare un alter ego digitale. E mentre allora la realizzazione dello spot di Rosie costava centinaia di milioni di won, adesso il panorama è più accessibile.

Il mercato globale degli influencer virtuali, stimato in circa 6 miliardi di dollari nel 2024, è destinato a crescere in modo vertiginoso. Le previsioni parlano di un valore di circa 45,9 miliardi entro il 2030, con un tasso di crescita annuo del 40,8 %. Altri report sono un po’ più ottimistici, stimando un mercato da 111,8 miliardi entro il 2033 (CAGR 38,4 %). In ogni caso, l’espansione è impressionante e costante.

Tra le novità più chiacchierate c’è Mia Zelu, influencer digitale che ha “presenziato” a Wimbledon lo scorso luglio, postando foto viralissime (oltre 160.000 like), spingendo alcuni follower a credere fosse reale. Il suo account è segnalato come “Influencer-AI”, ma non sempre la chiarezza è sufficiente: molti si stupiscono nel scoprirla una figura digitale.

L’ascesa di Mia e simili evidenzia come queste identità siano trattate ormai come influencer in carne e ossa—parte del mondo reale, pur restando digitali.

Personaggi come Lil Miquela, Lu of Magalu, Nobody Sausage o Mia Zelu dimostrano il potenziale economico dell’IA: da collaborazioni con Burberry e Prada a campagne con Adidas e Samsung, i guadagni sono concreti e corposi.

Secondo un servizio di Reuters, collaborare con un influencer digitale (post, video, storie) può costare solamente 4.000 USD circa—meno della metà rispetto a un umano di pari popolarità.

Il dato più significativo viene da un sondaggio del 2024 condotto su 500 esperti marketing: il 60% ha già utilizzato influencer virtuali nelle proprie campagne, e un altro 15,5% intende farlo. Il vantaggio principale? La possibilità di controllare completamente l’immagine e il messaggio—senza imprevisti, ritardi o momenti fuori tono.

Eppure, l’accoglienza non è unanime. Secondo un sondaggio recente, il 46% dei consumatori si sente a disagio di fronte a campagne con influencer IA, mentre solo il 23% esprime fiducia. Alcuni sociologi segnalano che l’IA non può replicare esperienze reali: stanchezza, emozioni, sapori… e fatiche umane che fanno parte del racconto autentico.

Inoltre, c’è chi mette in guardia da potenziali frodi o retroazioni negative: audience che si sente ingannata può danneggiare la reputazione dei brand.

Il CEO di Meta ha annunciato che sui suoi network verranno introdotti contenuti generati da intelligenza artificiale, affiancando quelli prodotti dagli utenti. È il riconoscimento ufficiale di una nuova era nella creazione di contenuti digitali.

I virtual influencer non sono più un esperimento isolato: sono un fenomeno. E il loro impatto spazzerà via i confini tra reale e digitale per raccontare nuove storie, con stili diversi, accessibili a chiunque abbia un’intuizione e un personaggio da creare.

Di Fantasy