Jay Peters, un noto giornalista di tecnologia con esperienza nei settori dei videogiochi e dei mondi virtuali, ha esposto una preoccupazione significativa riguardo la nuova funzionalità sperimentale di Google, la Search Generative Experience (SGE), nel suo ultimo articolo su The Verge. Questa funzione, che sfrutta i sistemi di intelligenza artificiale di Google per riassumere i risultati di ricerca per l’utente, ha introdotto un ritardo inaspettato nel processo di ricerca.

Nel passato, la Ricerca Google era sinonimo di rapidità e immediatezza. Gli utenti erano abituati a inserire termini di ricerca e ottenere risposte quasi immediate, in un circolo virtuoso che ha reso Google il sito web più visitato al mondo. Ma con l’introduzione dell’SGE, questo flusso sembra aver subito una battuta d’arresto.

Secondo Peters, il problema principale dell’SGE è il suo tempo di caricamento. A differenza della risposta istantanea a cui gli utenti sono abituati, l’SGE ha animazioni di caricamento che ritardano la presentazione dei risultati di ricerca. Questo rallentamento si manifesta nonostante il fatto che i riepiloghi generati dall’intelligenza artificiale dell’SGE siano visualizzati proprio sotto la casella di ricerca, che dovrebbe teoricamente facilitare la fruizione dei risultati.

La lentezza nell’ottenere i risultati è aggravata da una presentazione complessiva dei risultati che Peters trova confusa. Oltre alle risposte alle query, l’SGE fornisce anche molte informazioni extra, mostrando schede con informazioni sulla fonte e potenziali richieste di follow-up. Sebbene queste risposte siano generalmente accurate, la presenza di queste informazioni aggiuntive può rendere difficile capire quali informazioni provengono da quali fonti. Il problema si acuisce quando i risultati sono arricchiti da contenuti sponsorizzati o elenchi di negozi al dettaglio che non portano effettivamente all’elenco del prodotto ricercato.

Inoltre, l’SGE si è dimostrato inaffidabile in alcune occasioni. Mentre alcune query come “Facebook”, “Gmail”, “Apple” e “Netflix” hanno restituito risposte in formato SGE perfettamente corrette, altre parole chiave di ricerca molto popolari come “YouTube”, “Amazon”, “Wordle”, “Twitter” e “Roblox” hanno restituito un messaggio di errore, indicando che un riepilogo basato sull’intelligenza artificiale non era disponibile per quella ricerca. Questo è stato un problema particolarmente frustrante, dato che in questi casi, si sono verificati ritardi significativi prima che il messaggio di errore fosse visualizzato.

In conclusione, Peters si mostra critico nei confronti dell’SGE di Google. Nonostante l’aspirazione di rendere le ricerche più complesse e conversazionali, Peters sostiene che l’attesa richiesta per i risultati basati sull’IA non migliora l’esperienza di ricerca, ma anzi la complica. Peters sostiene che la presentazione dei risultati di ricerca di Google era già ottima e che non vi era bisogno di introdurre una tecnologia così sofisticata, specie se quest’ultima compromette la rapidità e la chiarezza dei risultati.
 
Alcuni potrebbero obiettare che Peters sta sollevando critiche prematuramente, dato che l’SGE è ancora una funzionalità sperimentale. È vero che Google potrebbe fare dei perfezionamenti nel tempo, ma ciò non esonera la funzione dagli attuali difetti evidenziati dal giornalista.

Peters sottolinea che il vero vantaggio di Google Search è sempre stata la sua capacità di fornire risposte rapide e precise alle domande degli utenti. Anche se l’SGE fosse in grado di offrire risposte più dettagliate e complete, il ritardo nell’ottenere queste risposte rappresenta un notevole ostacolo. In un mondo digitale in cui la velocità è essenziale, un ritardo, per quanto minimo, può essere percepite come un enorme inconveniente.

L’articolo pone anche l’accento sulla questione della chiarezza dei risultati. Sebbene l’SGE fornisca un ampio spettro di informazioni, Peters nota che queste non sono sempre utili o pertinenti. In alcuni casi, possono addirittura confondere l’utente e deviare la sua attenzione dalle informazioni che sta realmente cercando.

Al di là della questione specifica della lentezza, Peters mette in discussione l’approccio generale di Google nell’integrare l’intelligenza artificiale nel processo di ricerca. Mentre l’IA può certamente avere il potenziale per migliorare la qualità dei risultati di ricerca, Peters suggerisce che Google deve fare attenzione a non compromettere la semplicità e l’efficienza che hanno reso la sua funzione di ricerca così popolare. L’incorporazione di tecnologia più avanzata non dovrebbe mai avvenire a scapito dell’esperienza utente.

In ultima analisi, Peters offre una valutazione critica dell’SGE di Google, sottolineando che la lentezza e la confusione dei risultati rendono l’esperienza di ricerca meno soddisfacente per l’utente. Nonostante le sue potenziali virtù, l’SGE deve ancora dimostrare di poter migliorare, piuttosto che ostacolare, l’esperienza di ricerca su Google. Mentre l’IA ha un potenziale enorme, l’implementazione attuale di Google non sembra sfruttare pienamente queste possibilità.

Di ihal