Quando Elon Musk ha proposto un confronto pubblico tra il modello Grok‑5 della sua azienda xAI e il ricercatore Andrej Karpathy, molti hanno letto la mossa come un ritorno ai classici “uomo contro macchina” che hanno scandito alcune tappe della storia del computing. Musk, con una sorta di richiamo alla partita tra il campione di scacchi Garry Kasparov e il supercomputer Deep Blue, ha voluto evocare l’idea di un momento simbolico per l’intelligenza artificiale: «Sei interessato a una gara di programmazione IA?» ha scritto su X, taggando Karpathy e proponendo una “sfida” del tipo programmatore vs modello IA.
Karpathy, ex responsabile della ricerca presso OpenAI e attualmente figura influente nel mondo dell’IA, non ha accettato. Ha argomentato che una competizione di quel tipo lo metterebbe in una posizione nella quale il suo contributo sarebbe vicino allo zero, perché, sostanzialmente, il modello avrebbe troppo vantaggio oppure il confronto non sarebbe equo o significativo. Ha aggiunto che, a suo avviso, l’intelligenza artificiale non è tanto un avversario da battere quanto un collaboratore da affiancare.
Dicendo questo, Karpathy ha in qualche modo richiamato un paradigma diverso: non più “fino a quando l’IA batterà l’uomo”, bensì “come può l’uomo co-esistere con l’IA, sfruttandone le potenzialità, creando insieme”. Il gesto di declinare la sfida ha quindi significati più profondi di quanto possa sembrare a prima vista: non si tratta solo di rifiutare un match, ma di affermare una visione diversa della maturità dell’IA.
La proposta di Musk, a prima vista, può essere considerata come una mossa di visibilità nel panorama dell’IA, un modo per focalizzare l’attenzione su Grok-5 e sulle ambizioni di xAI, in un contesto dove la corsa verso l’“intelligenza artificiale generale” (AGI) è ancora piena di incertezze. Musk ha infatti affermato che le probabilità che Grok-5 raggiunga l’AGI sono attualmente al 10 % e in crescita.
Ma al tempo stesso la proposta ha risvolti più ampi. Richiamare l’icona Deep Blue vs Kasparov non è solo citare un fatto storico: è evocare l’idea che l’IA possa competere con l’essere umano negli esercizi di astuzia, ragionamento e creatività. In questo senso, Musk ha messo sul tavolo non solo una gara di programmazione, ma una metafora della prossima fase dell’intelligenza artificiale: più veloce, più autonoma, più «sfidante».
Eppure, Karpathy non ha voluto stare a quel gioco. La sua risposta, pur cortese, è stata ferma: «Il mio contributo in quella situazione sarebbe prossimo allo zero». In altre parole, non crede che un tale format avrebbe senso, almeno non adesso, se l’idea è celebrare la superiorità dell’IA sull’uomo. Piuttosto, ha enfatizzato l’importanza della collaborazione tra uomo e macchina.
Questo scambio pubblico pone una serie di interrogativi più ampi su dove stia andando l’IA, su come misuriamo i suoi progressi e su cosa intendiamo per “intelligenza”. L’idea di una gara codificata, regolamentata, in cui un modello IA e un essere umano si affrontano su problemi di programmazione è suggestiva: può catturare l’immaginario, può mettere a fuoco le capacità tecniche, può generare titoli. Ma ha anche limiti, che Karpathy ha implicitamente evidenziato.
Se l’obiettivo è dimostrare che un modello IA è “migliore” di un programmatore umano, si entra in una dinamica che rischia di avere più valore mediatico che scientifico. Spesso infatti i modelli IA eccellono in compiti ben definiti, strutturati, con condizioni di gara chiare, rispetto ad ambienti reali dove la complessità, il contesto imprevedibile e le ambiguità sono maggiori. Come riportato da altri articoli, modelli come quelli di Google DeepMind o di OpenAI hanno ottenuto risultati eccellenti in contest di programmazione universitari, ma questo non significa automaticamente che siamo vicini all’AGI o che il modello possa sostituire un essere umano in ogni scenario.
In questo contesto, la decisione di Karpathy di non accettare la sfida può essere letta come un segnale verso un’evoluzione del paradigma: da “modello vs uomo” a “modello con l’uomo”. Invece di puntare tutto sulla performance-sfida, si sposta l’attenzione sull’integrazione dei sistemi IA nei processi umani, sul potenziamento anziché sulla sostituzione.
La proposta di Musk e la reazione di Karpathy lasciano aperti vari scenari. Da un lato, potrebbe concretizzarsi un vero e proprio evento pubblico, regolamentato, in cui Grok-5 affronta – magari non Karpathy in persona ma un team umano – problemi di programmazione sotto condizioni paritarie. Sarebbe un’occasione per mettere sotto test le capacità del modello, raccogliere dati, costruire un benchmark. Dall’altro lato, è altrettanto probabile che prevalga la scelta di altri formati meno “agonistici” e più orientati alla collaborazione uomo-IA: ad esempio modelli IA che affiancano i programmatori, li supportano, velocizzano determinati compiti e lasciano all’umano la supervisione, la creatività, la scelta.