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Lo slancio dei Paesi del Golfo verso l’intelligenza artificiale applicata alla sanità è diventato un caso di studio globale: grazie a investimenti massicci, infrastrutture costruite ex novo e un quadro normativo snello, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Arabia Saudita stanno mettendo a segno progressi rapidissimi. Al contrario, il Regno Unito, pur vantando università di prim’ordine e un sistema sanitario storico, rischia di rimanere impigliato in lungaggini burocratiche, infrastrutture legacy e regole frammentate, perdendo terreno sia nei finanziamenti sia nell’attrazione di talenti.

Negli Emirati Arabi Uniti, il governo ha stanziato 150 milioni di dollari per potenziare infrastrutture digitali dedicate alla salute, con l’obiettivo di dotarsi di data center all’avanguardia e reti sanitarie connesse. Parallelamente, fondi sovrani come il MGX (circa 100 miliardi di dollari) e società statali quali G42 stanno investendo in start-up AI non solo in ambito medicale, ma anche in settori spaziali e industriali.

Anche il Qatar è pronto a correre: ha siglato un accordo quinquennale con Scale AI per integrare soluzioni basate su machine learning nei servizi pubblici e sanitari, puntando a velocizzare diagnosi e gestione dei dati clinici. In Arabia Saudita, la neonata società Humain, fondata dal Public Investment Fund, mira a sviluppare modelli linguistici in arabo e infrastrutture cloud per ospedali e cliniche in tutto il Golfo.

Questi progetti non restano confinati a investimenti finanziari: coinvolgono partnership con giganti tecnologici (Microsoft, Nvidia, Oracle) e accordi per la fornitura di chip avanzati, consolidando un ecosistema AI integrato e aperto alle collaborazioni internazionali.

A differenza del Regno Unito, dove le leggi sulla protezione dei dati e le procedure per l’approvazione dei dispositivi medici si sono stratificate nel tempo, i Paesi del Golfo hanno adottato framework unici e centralizzati, pensati per accelerare l’adozione dell’IA senza compromettere la sicurezza dei pazienti.

Negli Emirati, ad esempio, il 42% delle imprese utilizza già soluzioni AI sotto una normativa snella che favorisce sperimentazione e scaling rapido. Il Qatar, pur adottando standard EU-style, offre “corsie preferenziali” per progetti sanitari che dimostrino un impatto positivo sulla salute pubblica, creando veri e propri sandbox regolatori dove testare nuovi algoritmi,

Nonostante il Regno Unito rappresenti un’eccellenza nella formazione e nella ricerca, il NHS soffre di sistemi IT datati e dati frammentati fra decine di fornitori di cartelle cliniche elettroniche. Il progetto interno Foresight AI, pensato per prevedere esiti clinici, è stato recentemente sospeso dopo che 57 milioni di record sono stati consultati senza un adeguato consenso.

Lentezza di approvazione e costi di compliance hanno spinto realtà come Oxford Medical Simulation e Hinge Health a emigrare verso mercati più reattivi: Hinge Health, nata a Londra, ha fatto il salto in Silicon Valley poco dopo il lancio, raggiungendo una valutazione di 2,5 miliardi di dollari e fatturati annualizzati prossimi ai 500 milioni.

Il paradosso è che strumenti come ChatGPT utilizzati informalmente da 1 medico su 5 non sono considerati dispositivi medici, mentre qualunque pacchetto simile proposto alle strutture NHS richiede ora la classificazione come medical device di Classe I, con processi di certificazione lunghi e costosi.

La promessa del Cancelliere di incrementare gli investimenti nella trasformazione digitale del NHS è un segnale positivo, ma servono strategie dedicate all’AI entro il 2026, non semplici fondi a pioggia. È urgente:

  • Interoperabilità: obbligare i diversi sistemi clinici a comunicare fra loro, evitando soluzioni ad hoc che prosciugano capitale;
  • Regolazione flessibile: snellire l’iter per approvare algoritmi clinici, creando digital health sandbox come già avviene nel Golfo;
  • Focalizzazione sugli incentivi: puntare su tax credit e premi per progetti AI che dimostrino reali risparmi e miglioramenti di outcome.

Di Fantasy