Nel quieto scorrere del lavoro quotidiano, in un podcast, Marc Benioff — CEO di Salesforce — ha raccontato di un cambiamento epocale, di quelli che non si annunciano con fanfare ma che, silenziosamente, riscrivono il modo in cui un colosso del CRM immagina il servizio clienti.

Lo scenario era già mutato: una volta, 9.000 operatori erano impegnati nelle conversazioni di assistenza. Oggi, nonostante 1,5 milioni di interazioni gestite in parallelo da agenti AI e umani, il personale si è ridotto a circa 5.000 persone. Benioff ha detto con una naturalezza sorprendente: “Ho ridotto il numero di teste… da 9.000 a circa 5.000, perché ne servivano di meno”.

Salesforce si è fatta da prima “cliente zero” della sua stessa piattaforma agentica, chiamata Agentforce, che in poco tempo ha affrontato 1,5 milioni di conversazioni. L’AI non è qui per rimpiazzare l’uomo, bensì per affiancarlo: nei momenti in cui il sistema percepisce di non saper proseguire, scatta un supervisore omnicanale che passa la parola a un operatore umano, un po’ come un’auto a guida autonoma che lascia il volante appena la strada si fa incerta.

Il risultato? Il servizio clienti non solo è migliorato in efficienza, ma ha anche cambiato pelle: ora Salesforce è in grado di risalire ai oltre 100 milioni di lead accumulati in oltre 26 anni, finalmente seguiti con cura. Grazie all’aiuto dell’AI agentica, la piattaforma contatta oggi ogni singolo potenziale cliente, facendo oltre 10.000 conversazioni a settimana.

L’impatto della trasformazione è profondo. Salesforce ha tagliato quasi il 45% del reparto di supporto, passando da 9.000 a 5.000 agenti — una ristrutturazione radicale, ma mirata. Tuttavia, Benioff ha precisato che questa non è una semplice riduzione: molti degli agenti sono stati riallocati in ambiti come vendite, customer success e professional services. L’obiettivo? Sfruttare la tecnologia non per risparmiare, ma per creare valore.

Le parole di Benioff suonano come una riflessione su una nuova epoca del lavoro: l’AI non cancella, ma ridefinisce ruoli e attività. Anche se solo metà delle conversazioni sono ormai gestite dagli agenti AI, l’elemento umano resta cruciale — soprattutto quando il compito richiede empatia, contesto o creatività.

Eppure, c’è un altro lato della medaglia: solo pochi mesi prima, Benioff aveva smorzato i timori sul rischio di licenziamenti in massa. All’AI summit estivo, aveva affermato che l’intelligenza artificiale avrebbe accompagnato, non sostituito, la forza lavoro. Oggi, però, i 4.000 tagli ci ricordano quanto rapida e inesorabile possa essere l’evoluzione tecnologica.

Di Fantasy