L’arrivo di GPT‑5 ha suscitato un’eco intensa: presentato da OpenAI il 7 agosto 2025, questo modello rappresenta uno dei passi più avanzati mai compiuti nella serie GPT, incarnando una sintesi raffinata di capacità multimodali, ragionamento profondo e gestione del contesto espansa.

È un’evoluzione progettata con modularità: versioni “fast” ad alto throughput, modelli “thinking” per intuizione e ragionamento, e un router che decide quale componente impiegare — tutto pensato per un’intelligenza più dinamica e contestualmente sensibile. Secondo Gartner, GPT‑5 è indubbiamente “capace” e “versatile”, esibendo miglioramenti notevoli in ambiti come la programmazione e le capacità multimodali — pur restando, alla fine, una proiezione incrementale, non una rivoluzione radicale.

L’attenzione di OpenAI sul codice, ad esempio, risponde all’inevitabile domanda delle aziende per soluzioni di generazione automatica di software, mentre le funzioni audio e visive aprono nuove modalità d’integrazione aziendale.

In un’epoca in cui il modaiolo termine “agentic AI” è al centro della conversazione, GPT‑5 fa passi avanti: può chiamare API esterne e gestire più strumenti in parallelo, orchestrando compiti multistep senza affidarsi esclusivamente a motori di workflow esterni. Inoltre, la sua capacità di contestualizzare più informazioni (fino a 128 K token per l’utenza Pro) ha il potenziale di trasformare l’architettura dell’AI aziendale.

Nonostante questi progressi, l’infrastruttura enterprise resta il vero collo di bottiglia. Per esempio, il modello può orchestrare chiamate API simultanee – ma le infrastrutture aziendali non sono ancora progettate per sostenere simili flussi concorrenti. In molti casi, si tratta di sistemi sviluppati per elaborazioni batch, non per elaborazioni interattive e orchestrate in tempo reale.

Inoltre, Gartner prevede che più del 40% dei progetti di agentic AI avviati tra oggi e il 2027 verranno cancellati — una quota significativa, attribuibile a costi in crescita, valore aziendale incerto e scarsa gestione del rischio. Il fenomeno dell’“agent washing” — dove molti vendor si limitano a rimarchiare RPA o chatbot come agentic AI — complica ulteriormente il quadro: solo circa 130 fornitori offrono oggi davvero tecnologie agentiche autentiche.

Non tutto è cupo. Gartner prevede che entro il 2028, il 15% delle decisioni quotidiane lavorative sarà presa autonomamente da sistemi agentici e un terzo delle applicazioni enterprise (33 %) lo includerà. Ci sarà spazio per agenti custodi (“guardian agents”) che monitorano, controllano o intervengono su altri agenti dove serve governance, sicurezza o conformità.

Ma la strada è stretta: il vero abilitante — e spesso il fattore critico — è il dato. Secondo ricerche recenti, circa il 78 % delle aziende globali non dispone di dati preparati per agentic AI. Identity resolution in tempo reale, lakehouse moderni, dati unificati, contestualizzati e governati non sono più l’assistenza di sottofondo: sono ciò che rende un agente veramente affidabile e utile.

GPT-5 è un piano ben congegnato, pieno di potenzialità concrete, capace di soluzioni reali e immediate. Ma senza infrastrutture agili, capacità di orchestrazione reale, dati affidabili e governance sofisticata, anche il modello più elegante resterà un performer brillante isolato. Forse un giorno l’intelligenza agentica prenderà forma pienamente, ma oggi ciò che serve davvero è preparare l’ambiente — organizzazioni, dati e sistemi — perché l’agente possa non solo esistere, ma agire davvero.

Di Fantasy