In un annuncio che mescola ambizione tecnica e strategia culturale, KT — grande azienda sudcoreana nelle telecomunicazioni — ha presentato Sota K, un modello AI costruito «sopra» GPT-4o ma profondamente orientato al mercato coreano.
Questa non è solo un’operazione di branding: è l’atto — ossia l’“emergere domestico” — di un’AI che non vuole essere semplicemente un clone locale, ma un modello che “parla” cultura, legislazione, dialetti e usi linguistici del suo Paese. L’idea è quella di un’intelligenza artificiale che conosce intimamente il contesto in cui opera, non come un ospite che cerca di adattarsi.
Quando leggiamo di “basato su GPT-4o”, può sembrare che Sota K sia solo una variante locale, ma in realtà il lavoro è molto più profondo. Secondo KT, la base è proprio la versione multimediale di GPT (che integra input testuali, visivi e audio) ma la grande differenza sta nel fatto che il modello è stato “addestrato” su dati coreani con cura. Non solo testi generici, ma raccolte linguistiche che includono la forma onorifica coreana, dialetti, espressioni tipiche, terminologia legale o finanziaria coreana, e riferimenti storici nazionali.
KT afferma che Sota K eccelle “superando GPT-4o” in test specifici: ad esempio nel superamento di quiz inerenti storia coreana, sistemi legali, perfino negli esami per la naturalizzazione, utilizzando dati nativi. In pratica, quando serve padroneggiare conoscenze radicate nel contesto nazionale, Sota K ambisce a essere più affidabile dell’originale generico.
Un’altra parte centrale del progetto è l’integrazione in contesti aziendali e pubblici: KT darà accesso al modello inizialmente nelle sue operazioni interne e nei propri servizi B2C, per poi estendere la disponibilità a partner, imprese e istituzioni. Ed è già in uso: in ambito assicurativo (per sintetizzare polizze, generare modelli di comunicazione), nel settore educativo (per generare quiz scolastici su misura), in sanità mista linguaggio inglese/coreano, e persino nelle utility statali per risposte interne ai dipendenti.
KT, inoltre, sottolinea che Sota K non è solo un “modello coreano”, ma punta a diventare pilastro dell’ecosistema AI nazionale. Si parla di “scelta del modello”, ovvero la possibilità che gli utenti possano accedere a versioni modellate (open, collaborative o proprietarie), mantenendo il principio della sovranità dei dati e garantendo che il controllo resti in mani coreane, non ceduto a entità straniere.
Questo progetto riflette una tensione che oggi sempre di più attraversa il mondo dell’AI: da un lato la (giusta) attrazione verso modelli universali giganteschi, dall’altro la necessità di declinarli nella pluralità dei mondi reali. Un servizio globale che parla cinese, coreano, italiano o arabo non basta se non riesce a comprendere i piccoli dettagli culturali, le leggi locali, le sfumature di stile.
Sota K ambisce a colmare quel divario — essere adatto a “fare cose coreane” senza che l’utente debba spiegare ogni volta cosa significhi “fare cose coreane”. Se il progetto dimostrerà sostenibilità tecnica e risultati concreti, potremmo vederne modelli analoghi in altri paesi: “GPT-global con anima locale”.