L’evoluzione della tecnologia generativa ha raggiunto un nuovo, significativo traguardo, uscendo dagli ambiti ristretti della ricerca e approdando direttamente al grande pubblico attraverso uno dei mezzi di comunicazione più influenti: la pubblicità. Google, uno dei giganti che sta plasmando il futuro dell’Intelligenza Artificiale, ha recentemente segnato un punto di svolta lanciando quello che è stato definito il suo primo spot interamente generato con l’Intelligenza Artificiale.
Il cortometraggio pubblicitario, sebbene breve, ha rappresentato il debutto ufficiale di Veo 3, un innovativo strumento AI di Google specificamente progettato per la generazione di video. La trama, curiosa e vivace, ruota attorno a un tacchino in fuga, un soggetto insolito che dimostra l’abilità della tecnologia di creare sequenze visive complesse e narrative a partire da semplici prompt testuali. Questo evento non è solo una vetrina tecnologica, ma un vero e proprio manifesto sulle potenzialità e sulle sfide che l’AI introduce nel settore creativo.
Ciò che rende particolarmente interessante questa mossa di Google non è solo l’utilizzo della sua tecnologia proprietaria, ma la strategia comunicativa che l’ha accompagnata. In un momento in cui il mercato sembra essere “ubriaco di AI,” come è stato osservato da un dirigente di Google citato nell’articolo, e molti usano la tecnologia solo per il gusto di poterne parlare, l’azienda ha fatto una scelta controcorrente: ha deciso di non evidenziare inizialmente che lo spot fosse stato interamente generato da Veo 3 e altri strumenti AI.
L’intento primario era quello di concentrare l’attenzione del pubblico sull’emozione e sulla storia raccontata, non sull’eccellenza ingegneristica che l’aveva resa possibile. Solo in un secondo momento, infatti, è stato rivelato che il progetto era nato in seno a un team creativo che aveva in seguito scelto di affidare la realizzazione a Veo 3. Questo approccio sottolinea una consapevolezza cruciale: la tecnologia, per quanto sofisticata, deve rimanere uno strumento al servizio della creatività umana, e non il fine ultimo. Il successo di un annuncio si misura ancora in base alla sua capacità di connettersi emotivamente con l’osservatore, e non sulla complessità del codice che lo ha generato.
L’introduzione di strumenti di video-generazione come Veo 3 inevitabilmente riaccende il dibattito sul ruolo del professionista creativo in un futuro dominato dall’Intelligenza Artificiale. Se un prompt ben formulato è sufficiente per generare una sequenza video, che ne è del regista, dell’animatore o del copywriter?
La risposta che sembra emergere da questa esperienza, e che risuona nelle considerazioni degli addetti ai lavori, è che l’unico vero “antidoto alla banalità resta la creatività umana”. L’AI, in questo contesto, è un acceleratore di produzione e un democratizzatore di possibilità, ma non un sostituto dell’ingegno. Veo 3 può generare l’immagine di un tacchino che scappa, ma è la mente umana a concepire l’idea originale, a curare la sceneggiatura emotiva e a decidere la direzione artistica.
Ci saranno sempre, come è stato saggiamente notato, pubblicità di scarsa qualità, con o senza l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale. La vera differenza, e il vero valore aggiunto, risiederanno sempre nelle persone dietro gli annunci: la loro visione, la loro sensibilità e la loro capacità di orchestrare lo strumento tecnologico per veicolare un messaggio incisivo e memorabile. In questo senso, Google, con il suo spot del tacchino, non ha solo lanciato un prodotto AI, ma ha anche offerto una profonda riflessione sul futuro della creatività, dove la macchina lavora con e per l’uomo, anziché sostituirlo.