Durante l’estate 2025, TikTok è diventato terreno fertile per una provocazione digitale sorprendente: brani anni ’70 e ’80 – decisamente “hot” – creati ex novo grazie all’intelligenza artificiale, e attribuiti a cantanti inesistenti. Il progetto si chiama Cantoscena, e racconta una storia di finzione, ironia e tecnologia che meritava di emergere.
La piattaforma social si è trasformata in un palcoscenico dove testi osé, fino ad oggi confinati alla censura, rinascono come hit estive. Cosa c’è di meglio che una melodia sospesa tra nostalgia e trasgressione?
Il cuore della questione è proprio Cantoscena: non si tratta di un’etichetta discografica reale, ma della creazione di un universo parallelo di artisti falsi. Vera Luna, Rossella, Vera Gocci – tutti inventati con tanto di copertine, discografie e storie credibili, pronti a vivere una notorietà digitalmente simulata.
Questi brani generati con AI devono il loro successo virale a piattaforme sofisticate in grado di riprodurre fedelmente ritmo, melodia e timbro delle canzoni dell’epoca. E l’effetto è stato quello di utente che si ritrovano ad ascoltare un brano “ritrovato”, mentre, nella realtà, si tratta di pura invenzione tech. Alcuni di questi brani sono finiti addirittura nella top 50 di Spotify, testimoniando quanto la finzione possa imporsi come trend reale.
Ironia e satira si mischiano a una riflessione profonda sulla fiducia nell’informazione digitale: se anche la musica può essere storpiata con abilità, cosa resta dell’autenticità nell’epoca AI? Cantoscena ribadisce che spesso l’immaginario digitale può influenzare il reale, al di là della materia artistica di partenza.