Piccolo robot costruito interamente dal DNA
Il nano-robot potrebbe portare a uno studio più approfondito delle forze meccaniche applicate a livello microscopico, che sono importanti per vari processi biologici e patologici.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications .
Meccanosensibilità cellulare
Le nostre cellule affrontano forze meccaniche che vengono esercitate su scala microscopica e queste forze innescano segnali biologici che sono essenziali per molti processi cellulari responsabili del normale funzionamento del nostro corpo o dello sviluppo di determinate malattie.
La disfunzione della meccanosensibilità cellulare è coinvolta in varie malattie in cui le cellule colpite migrano all’interno del corpo circondando e adattandosi alle proprietà meccaniche del loro microambiente. Questo adattamento è possibile solo perché le forze specifiche sono rilevate dai meccanocettori, che trasmettono le informazioni al citoscheletro cellulare.
La nostra attuale conoscenza dei meccanismi molecolari coinvolti nella meccanosensibilità cellulare è molto limitata, quindi il team di ricerca guidato dal ricercatore Inserm Gaëtan Bellot presso il Centro di Biologia Strutturale (Inserm/CNRS/Université de Montpellier) ha deciso di utilizzare un metodo alternativo denominato DNA metodo origami.
Metodo dell’origami del DNA
Il metodo dell’origami del DNA consente l’autoassemblaggio di nanostrutture 3D in una forma predefinita utilizzando la molecola di DNA come materiale da costruzione. La tecnica è stata responsabile di importanti progressi nel campo delle nanotecnologie.
Il team ha utilizzato il metodo per progettare un “nano-robot” costituito da tre strutture di origami di DNA. È compatibile con le dimensioni di una cellula umana e, per la prima volta, consente di applicare e controllare una forza con una risoluzione di 1 piconewton, che è un trilionesimo di Newton. Un Newton può essere paragonato alla forza di un dito che fa clic su una penna.
Il nuovo sviluppo è la prima volta che un oggetto basato sul DNA creato dall’uomo e autoassemblato può applicare forza con questo livello di precisione.
Il team ha accoppiato il robot con una molecola che riconosce un meccanorecettore, che ha permesso di dirigere il robot verso alcune delle nostre cellule. Potrebbero anche applicare forze specifiche a meccanocettori mirati localizzati sulla superficie delle cellule per attivarli.
Lo strumento potrebbe rivelarsi estremamente prezioso per la ricerca di base. Può aiutare gli esperti a comprendere meglio i meccanismi molecolari coinvolti nella meccanosensibilità cellulare, oltre a portare alla scoperta di nuovi recettori cellulari sensibili alle forze meccaniche.
“Il progetto di un robot che consente l’applicazione in vitro e in vivo delle forze di piconewton soddisfa una domanda crescente nella comunità scientifica e rappresenta un importante progresso tecnologico. Tuttavia, la biocompatibilità del robot può essere considerata sia un vantaggio per le applicazioni in vivo, ma può anche rappresentare un punto debole rispetto alla sensibilità agli enzimi che possono degradare il DNA. Quindi il nostro prossimo passo sarà studiare come possiamo modificare la superficie del robot in modo che sia meno sensibile all’azione degli enzimi. Cercheremo anche di trovare altre modalità di attivazione del nostro robot utilizzando, ad esempio, un campo magnetico”, afferma Bellot.