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C’è qualcosa di nuovo che sta cambiando il modo in cui i negozi online interagiscono con chi sta per lasciare il carrello o è titubante sull’acquisto: non è solo un pop-up che appare, ma un agente conversazionale che interviene al momento giusto. Si chiama Gentoo, ed è la soluzione che la startup sudcoreana Wardle (nota anche come Waddle) ha progettato per i centri commerciali digitali come Godo Mall, la piattaforma di NHN Commerce. È un assistente AI (o meglio, un concierge virtuale) pensato per trasformare l’esitazione in conversione, guidando il cliente proprio come farebbe un venditore in un negozio fisico — ma via chat, online.

Gentoo non è un chatbot generico, ma un agente SaaS (Software-as-a-Service) costruito specificamente per il commercio online (B2B2C). È pensato per essere installato facilmente dagli operatori dei negozi online che operano su Godo Mall, tramite l’App Store di NHN Commerce. Una volta integrato, Gentoo appare come un pulsante con forma di fumetto sul sito web quando il sistema rileva che un utente sta esitando: naviga, guarda il prodotto, ma non compie l’azione finale. A quel punto Gentoo entra in scena per capire che cosa sta succedendo, tramite conversazione naturale. Chiede, magari, se servono più informazioni sul prodotto, se l’utente non riesce a decidere tra due opzioni, o se ha dubbi sulle spedizioni, sulla taglia o sulla qualità. E sulla base delle risposte offre consigli personalizzati, prodotti alternativi, supporto, insomma un piccolo venditore virtuale che prova a finalizzare l’acquisto.

Wardle segnala che la piattaforma risponde ogni giorno a un buon numero di richieste: più di 500 interazioni giornaliere in media, e un totale di risposte che ha superato i 2 milioni. In test reali con alcuni brand, il tasso di conversione (ovvero quanto spesso Gentoo porta un visitatore esitante a comprare) ha raggiunto il 13%. In uno dei casi, un marchio di moda ha visto aumentare le vendite sette volte dopo aver implementato l’assistente. Questi dati non sono numeri da poco: indicano che Gentoo può fare davvero la differenza, specie nei momenti critici dell’esperienza utente.

Una delle ragioni per cui Gentoo ha successo è che non si limita a rispondere a richieste esplicite, ma coglie segnali impliciti. L’esitazione non viene letta solo come assenza di clic, ma come un comportamento da analizzare: il tempo trascorso su una pagina, il movimento del mouse, il cambio tra prodotti simili, il ritorno su determinate schede, etc. Gentoo è “allenato” con il catalogo prodotti del negozio, quindi conosce cosa offre, quali sono le alternative, le specifiche, le caratteristiche. È in grado di suggerire taglie migliori, prodotti simili, offerte, varianti, tutto in dialogo.

Un altro punto forte è la facilità d’integrazione: per chi gestisce un ecommerce su Godo Mall, installare Gentoo è semplice, spesso si tratta di attivare un’app, configurare un po’ il catalogo, settare le opzioni del concierge (quando apparire, che tipo di messaggi, come personalizzare l’aspetto). Anche per piattaforme analoghe come Shopify, Gentoo è disponibile (v. “Gentoo AI Concierge” nello Shopify App Store) come app che i merchant possono integrare nei loro store.

Infine, l’esperienza conversazionale, se ben progettata, dà fiducia: piuttosto che sentirsi soli davanti a uno schermo, il cliente percepisce che c’è qualcuno dall’altra parte che può aiutare, consigliare; questo riduce l’ansia da sbagliare acquisto, la frizione nel processo decisionale, e può migliorare la soddisfazione.

Pur con queste potenzialità, non tutto è garantito: ci sono rischi e limiti che ogni azienda che voglia usare Gentoo (o strumenti simili) deve considerare con cura.

Uno è la qualità dei dati. Gentoo per dare consigli utili ha bisogno che il catalogo sia accurato, che le descrizioni dei prodotti siano corrette, che le immagini, le taglie, le specifiche, siano ben organizzate. Se il negozio ha errori, descrizioni vaghe, taglie incoerenti, Gentoo potrebbe suggerire male, confondere il cliente o perdere credibilità.

Altro punto è la personalizzazione necessaria: non basta installarlo e aspettarsi che funzioni perfettamente da subito. È necessario calibrare quando Gentoo appare, quali messaggi propone, in che momento del percorso utente entra in azione. Se appare troppo presto può infastidire, se troppo tardi magari il carrello è già abbandonato. Serve analisi, test, ottimizzazione per ciascun negozio, segmento, tipo di utente.

Poi ci sono limiti tecnici: la comprensione del linguaggio naturale non è perfetta, specie in contesti molto specifici o specialistici. Se il prodotto è molto tecnico, se ci sono restrizioni legali o normative, se le aspettative esterne del cliente sono alte, potrebbero esserci casi in cui Gentoo non coglie appieno il contesto.

Infine, la privacy e il consenso: l’interazione comporta raccolta di dati sulle sessioni utente, comportamento, preferenze. Serve chiarezza sul trattamento dei dati, su cosa viene fatto con queste informazioni, trasparenza per l’utente finale.

Gentoo rappresenta un segnale forte di come l’e-commerce stia entrando in una fase in cui l’esperienza utente si fa più “attiva” e personalizzata, grazie all’intelligenza artificiale. Non si tratta soltanto di automatizzare risposte, ma di intervenire al volo, ascoltare implicitamente, consigliare e guidare, come se nel negozio ci fosse un commesso esperto che capisce al volo quando sei sospettoso, quando esiti, quando hai dubbi.

Se questa tecnologia si diffonde, gli standard per i negozi online potrebbero cambiare: non sarà più del tutto accettabile avere siti che rispondono solo passivamente oppure che spingono il cliente a cercare informazioni da solo. Saranno avvantaggiati i negozi che curano molto cataloghi puliti, che prevedono le esitazioni dei clienti, che usano interfacce conversazionali ben disegnate, che sono pronti a iterare e a ottimizzare l’esperienza utente sulla base dei dati che emergono dalle conversazioni.

Di Fantasy