L’infrastruttura di cloud ibrido è rapidamente passata dall’essere una scelta opzionale a un imperativo strategico per le aziende globali. Essa offre la libertà di distribuire dati e applicazioni dove sono più necessari, combinando il controllo e la conformità di un cloud privato con la scalabilità e l’enorme potenza di calcolo di un cloud pubblico. Questa architettura bilanciata è diventata il fondamento operativo per alimentare l’innovazione, in particolare nel campo dell’Intelligenza Artificiale. Tuttavia, proprio la diffusione massiva dell’AI sta sottoponendo il modello di sicurezza ibrido a una tensione senza precedenti, rendendo obsoleti i framework difensivi tradizionali e richiedendo una completa riconfigurazione strategica.
L’Intelligenza Artificiale, e in particolare i Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni (LLM), è affamata di dati e potenza computazionale. Il cloud pubblico offre la capacità quasi illimitata necessaria per addestrare questi modelli e gestire carichi di lavoro analitici massivi, mentre il cloud privato è spesso necessario per ospitare dati sensibili che richiedono bassa latenza o stretta conformità normativa. L’adozione del cloud ibrido è quindi la risposta naturale a queste esigenze: è l’infrastruttura ideale per l’era dell’AI.
Parallelamente, l’AI rappresenta una formidabile arma a doppio taglio. Mentre i team di sicurezza cercano di sfruttarla per l’automazione della difesa e il monitoraggio predittivo, anche gli avversari ne stanno cogliendo il potenziale. Le minacce informatiche generate dall’AI sono in forte crescita in termini di scala, velocità e sofisticazione. Si assiste a un preoccupante aumento degli attacchi di ransomware potenziati dall’AI e di attacchi mirati specificamente contro le distribuzioni di LLM aziendali. Queste nuove tattiche superano la velocità con cui le difese convenzionali, basate su regole statiche e perimetri definiti, possono reagire, spingendo i quadri di sicurezza esistenti al loro limite massimo di efficacia.
La natura intrinsecamente complessa degli ambienti cloud ibridi — che comprendono risorse on-premise, più cloud pubblici e molteplici strumenti di sicurezza – crea un problema fondamentale di frammentazione. Storicamente, le organizzazioni hanno adottato soluzioni di sicurezza specifiche per ogni silo, finendo per ritrovarsi con un mosaico di strumenti inefficaci e poca integrazione.
A peggiorare il quadro si aggiunge il volume massiccio di traffico generato dai carichi di lavoro di AI, che in alcuni casi ha più che raddoppiato i dati di rete negli ultimi anni. In questo caos, la visibilità diventa il bene più prezioso e più difficile da ottenere. I leader della sicurezza lamentano spesso la mancanza di piena visibilità sul traffico laterale (East-West), ovvero quello che si muove internamente tra i carichi di lavoro all’interno dell’ambiente cloud, lasciando così enormi vulnerabilità sfruttabili dagli attacchi più avanzati. Di conseguenza, il settanta percento dei professionisti della sicurezza considera oggi il cloud pubblico come l’ambiente più rischioso in assoluto, una percezione che sta spingendo alcune aziende a riconsiderare il posizionamento dei carichi di lavoro più critici.
Per resistere alle minacce guidate dall’AI, è indispensabile un cambio di mentalità e di strumentazione. La sicurezza del cloud ibrido deve essere reinventata, e la nuova parola d’ordine è Deep Observability, o Osservabilità Profonda.
Questo approccio non si accontenta dei tradizionali dati di registro (log data), ma li combina con la telemetria di rete in tempo reale, includendo metadati, pacchetti di rete completi e dati di flusso. L’Osservabilità Profonda è l’unico modo per ottenere una visione chiara e non criptata di tutti i dati in movimento nell’infrastruttura ibrida. Questa chiarezza è fondamentale perché consente ai team di sicurezza di rilevare le potenziali violazioni in tempo reale, identificare i modelli di attacco AI e rafforzare le difese prima che il raggio d’azione di una minaccia possa espandersi.
La reinvenzione della sicurezza si basa anche sulla piena adozione del principio Zero Trust, che presuppone che nessun utente, dispositivo o carico di lavoro sia intrinsecamente affidabile, indipendentemente dalla sua posizione nella rete. L’accesso viene concesso solo in base all’identità verificata e al contesto, una misura essenziale per proteggere gli accessi che si estendono attraverso i confini del cloud pubblico e privato. In sintesi, l’era dell’AI ha trasformato la sicurezza del cloud ibrido da una questione di semplice conformità a un imperativo di resilienza operativa, dove la visibilità totale è il requisito non negoziabile per la sopravvivenza aziendale.