Immagine AI

In un mondo sempre più dominato dall’intelligenza artificiale, sembra quasi naturale pensare che ogni aspetto dell’innovazione e dell’impresa possa essere replicato da algoritmi sempre più sofisticati. Eppure, come ci ricorda Ilya Drozdov, cofondatore e CEO di Dwelly, esistono ancora elementi fondamentali della realtà — e della rivoluzione imprenditoriale — che l’AI non può sovrascrivere, almeno per ora. Analizziamoli insieme, in un racconto che, più che rigido e schematico, vuole essere coinvolgente e riflessivo.

È innegabile: l’intelligenza artificiale è diventata una marcia in più per molte startup, specialmente quelle che operano nel digitale. Grazie all’AI, processi si accelerano, l’efficienza cresce e il ritmo con cui si ottengono analisi di mercato — o si scrive codice — diventa quasi surreale. Tuttavia, proprio questa facilità nasconde un inganno: l’impressione di poter automatizzare, scalare e innovare è forte, ma la realtà è meno lineare.

Il punto cruciale, secondo Drozdov, è che molte startup, soprattutto quelle che operano solo con software, rischiano di farsi superare proprio da ciò che le ha aiutate a emergere: il codice. La facilità di scrivere software—oggi spesso creato con l’aiuto di LLM (modelli linguistici)—«democratizza l’accesso», rendendo la tecnologia meno esclusiva e più facilmente replicabile.

Invece, ci sono due assi portanti che conferiscono un vantaggio competitivo più solido:

  • Gli effetti rete (network effects):
    Prendiamo Airbnb: chi tenta di copiarne il modello può replicare l’algoritmo, le interfacce, persino i flussi di pagamento. Ma non potrà mai replicare l’intera rete già attiva di host e viaggiatori. Quella rete è una barriera difensiva difficilmente scalabile dallo zero.
  • La presenza fisica (offline presence):
    Le startup che mescolano software e operazioni concrete nel “mondo reale” sono più difficili da “sostituire”. Un esempio evocativo è quello di Dwelly: il suo valore non sta solo nel collegare chi affitta case, ma nel gestire davvero chiavi, porte, perdite—complicazioni che, per ora, l’AI non può affrontare con la stessa naturalezza.

Il mondo fisico è disordinato. I problemi quotidiani — come una chiave smarrita o un tubo otturato — creano una complessità tangibile che richiede soluzioni reali. È proprio questa realtà, con le sue sfumature e gli inconvenienti quotidiani, che costituisce un baluardo contro l’automazione completa.

Drozdov ci invita a riflettere: le startup che hanno difese solide — network consolidati, presenza tangibile nel mondo reale — non sono immuni al cambiamento, ma hanno più tempo per costruire strategia e resilienza. E allora la domanda diventa: come costruire queste difese prima che l’automazione divori il mercato? Forse su questo argomento sarà utile un altro approfondimento.

Di Fantasy