L’ascesa dell’Intelligenza Artificiale ha innescato una vera e propria “corsa agli armamenti” tecnologica tra i giganti del tech, una competizione che non si combatte solo sul campo degli algoritmi e dei modelli linguistici, ma soprattutto su quello delle infrastrutture fisiche che li sostengono. Google, leader storico nel campo della ricerca e dell’elaborazione dati, ha reso pubblica la sua strategia per mantenere la supremazia in questo scenario in rapida evoluzione, annunciando un impegno infrastrutturale di portata colossale, necessario per soddisfare la domanda di calcolo esplosiva generata dai nuovi modelli di AI.
La portata di questa esigenza è stata delineata con chiarezza dal vicepresidente di Google Cloud, Amin Badat, in una recente assemblea generale. Badat ha posto l’accento sulla necessità di un tasso di crescita vertiginoso, dichiarando che, per tenere il passo con le richieste dell’Intelligenza Artificiale, l’azienda è costretta a raddoppiare la capacità dei suoi servizi ogni sei mesi. Proiettando questo ritmo in avanti, ha previsto una crescita di mille volte superiore nell’arco dei prossimi quattro o cinque anni. Una sfida logistica e finanziaria senza precedenti, che trasforma la costruzione di data center e la fornitura di chip specializzati nella parte “più critica e costosa della corsa all’intelligenza artificiale”.
Nonostante la sfida, Google sta rispondendo con investimenti che ne riflettono la scala globale. Il piano di spesa in conto capitale (CAPEX) per l’anno fiscale 2025 è stato stimato in una cifra compresa tra i 91 e i 93 miliardi di dollari, collocando Google immediatamente dopo Amazon tra i maggiori spender del settore, e dimostrando una determinazione nel rivaleggiare direttamente con concorrenti come Microsoft e Meta. Inoltre, l’azienda ha già anticipato un aumento significativo degli investimenti per il 2026 e ha recentemente formalizzato un impegno di 40 miliardi di dollari per la costruzione di tre nuovi data center in Texas.
L’obiettivo ultimo di questo massiccio capitol expenditure è ambizioso quanto necessario: costruire un’infrastruttura che sia “significativamente più affidabile, performante e scalabile di qualsiasi altra disponibile”. Per concretizzare questa visione, il team si impegna a fornire una capacità di elaborazione, storage e networking mille volte superiore, mantenendo lo stesso livello di costi ed efficienza energetica. Per raggiungere questo traguardo, l’azienda punta anche a intensificare la collaborazione e la progettazione congiunta con partner esterni, riconoscendo che la complessità dell’infrastruttura AI richiede un ecosistema di specialisti.
L’importanza di questa infrastruttura è stata ribadita anche dall’amministratore delegato Sundar Pichai, che durante l’incontro ha chiarito le conseguenze dirette della carenza di capacità. Pichai ha citato l’esempio del modello di generazione video “Vio 3”, esprimendo il rammarico per non aver potuto offrire una funzionalità più ampia sull’app Gemini a causa della capacità di elaborazione insufficiente. Con il lancio di prodotti di punta come l’avanzato Gemini 3 e l’efficiente Nano Banana Pro, la pressione sulla rete e sui server è destinata ad aggravarsi ulteriormente.
Pichai ha ammesso che il 2026 sarà un “anno feroce” a causa della doppia pressione imposta dalla concorrenza nell’AI e dalla crescente domanda nel cloud computing. Pur riconoscendo le preoccupazioni sulla possibile formazione di una “bolla” nell’Intelligenza Artificiale, ha espresso fiducia nella resilienza di Google. L’amministratore delegato ha infatti sottolineato come l’azienda sia in una posizione finanziaria e strategica migliore rispetto ad altre per “resistere agli errori”. La parola d’ordine resta la competitività: “Siamo in un periodo di estrema competitività e non possiamo permetterci di essere compiacenti”, ha ribadito, ma ha anche concluso con un tono di solida fiducia, affermando che Google è “ben posizionata per affrontare questo momento”.