Non c’è da sorprendersi. Yamaha il 13 marzo scorso ha annunciato la creazione del Yamaha Motor Exploratory Fund L.P. II, un fondo da 100 milioni di dollari destinato a investire nei prossimi 10 anni a “esplorare tecnologie e opportunità per assicurarsi vantaggi competitivi”.
Il campo di esplorazione è quello della “ipertecnologia”, al servizio anche, ma non solo, della sostenibilità ambientale. Nel piano triennale che va dal 2022 al 2024 Yamaha aveva individuato come necessario lo sviluppo di nuovi business, finalizzati alla crescita di valore ma anche, nel caso se ne presenti l’opportunità, di “core business”, cioè con le potenzialità di diventare attività principali.
Il fondo sarà gestito dalla “Yamaha Motor Ventures”, fondata nel 2015 nella Silicon Valley a Palo Alto, in California. Proseguono dunque gli investimenti di Iwata alla ricerca di nuovi business. L’Exploratory Fund L.P. II, al pari del precedente avviato nel 2018, è un fondo di “corporate venture”, della durata per l’appunto di un decennio. Dietro la terminologia finanziaria si cela l’interesse per start-up e in generale aziende non quotate in borsa, che lavorano in settori a elevato potenziale di sviluppo ma anche di rischio, troppo per il normale mercato dei prestiti bancari; ma invece potenzialmente produttivo per un’azienda che intende supportare iniziative di business innovative finanziando idee. Con il che si può creare valore sia in modo diretto (usufruire di quelle stesse tecnologie per la propria produzione), sia in modo indiretto (passare all’incasso rivendendo l’azienda in cui si è investito, al momento propizio).
Tradotto: Yamaha mette soldi in aziende all’esordio, o anche già avviate, nelle quali il mercato ancora non crede (vuoi perché troppo giovani e piccole, vuoi perché troppo innovative) e quindi non quotate in borsa. In cambio acquisisce una quota di minoranza che un domani potrà valorizzare, se l’azienda in cui ha investito avrà concretizzato i suoi obbiettivi, con un grosso guadagno sull’investimento; e soprattutto avrà accesso diretto all’eventuale nuova tecnologia sviluppata dall’azienda stessa. Insomma, grande rischio (ma su somme relativamente limitate) ma anche grandi guadagni in caso di riuscita.
Meno di un anno dopo, dunque, Yamaha ha presentato il suo terzo fondo, che l’aiuterà a esplorare “tecnologie innovative e con ampio potenziale di crescita aziendale nei settori dei trasporti, robotica, dati/AI, fintech/insurtech (innovazione tecnologica in ambito finanziario e assicurativo, ndr) e salute e benessere digitali”. Il che significa che Yamaha esplorerà il campo dei prodotti hi-tech ed ecologici, forse non soltanto in ambito motociclistico; e sempre con un occhio alla sostenibilità ambientale.
Non c’è da sorprendersi, dicevamo perché il futuro è questo: l’ipertecnologia al servizio della sostenibilità e del progresso. Un robot che guida una moto elettrica, come nell’immagine sopra? Messa così, ovviamente la faccenda è molto, troppo, banale. Una semplificazione che non rispetta la realtà. L’immagine è simbolica, forse anche non pertinente, perfino scorretta. Ma a volte abbiamo la sensazione che il mondo di Blade Runner sia alle porte.