“Chiediamo scusa, abbiamo commesso un errore su ChatGpt”. Il cambio di rotta delle scuole di New York è un insegnamento per tutti.

L’intelligenza artificiale generativa, inizialmente bandita dalla più estesa rete scolastica degli Stati Uniti, sarà implementata in classe per garantire ai giovani americani un’opportunità equa di affrontare un futuro dominato dall’innovazione tecnologica. Ciò che le Scuole Pubbliche di New York City hanno appreso negli ultimi mesi può servire da orientamento per coloro che sono ancora indecisi, scettici o si interrogano sui vantaggi e svantaggi dell’IA in ambiente scolastico.

A gennaio, poco dopo l’avvento di ChatGpt, molte scuole statunitensi, tra cui quelle appartenenti alle Scuole Pubbliche di New York City, che formano oltre un milione di studenti all’anno, hanno proibito l’uso di ChatGpt sui loro server. La ragione era che “compromette il pensiero critico e le capacità di risoluzione dei problemi degli studenti”.

Cinque mesi più tardi, David C. Banks, capo del più grande sistema scolastico degli Stati Uniti, ha riconosciuto che “ChatGpt ci ha preso di sorpresa”. Ora è il momento di “sfruttare le sue potenzialità con risolutezza”, scrive Banks in un lungo editoriale per Chalkbeat New York.

“L’istintiva paura dei rischi associati a ChatGpt ha offuscato il potenziale dell’IA generativa a servizio di studenti e docenti”, afferma Banks. “Inoltre, i nostri studenti dovranno confrontarsi con una realtà e un mercato del lavoro in cui la comprensione dell’IA generativa è essenziale”.

Qui sta il nodo della questione. Come si può bandire da scuola una tecnologia che gli studenti dovranno inevitabilmente affrontare una volta lasciate – temporaneamente o permanentemente – le loro aule?

Recentemente è diventato virale un video riguardante l’uso dell’IA in classe. In un evento dedicato all’intelligenza artificiale, un ragazzo prende la parola per fare una domanda agli esperti presenti.

Il ragazzo dice: “Molti ritengono che utilizzando strumenti come ChatGpt a scuola, noi studenti stiamo barando. Ma come può essere considerato truffaldino uno strumento che ci troveremo a usare in futuro, sul lavoro, nella nostra vita quotidiana?”.

Gli esperti rispondono con un sorriso e un applauso a questa disarmante logica.

“Nonostante la prudenza iniziale fosse giustificata”, Banks spiega nel suo editoriale, “ora siamo passati a una fase di esplorazione e analisi consapevole delle opportunità e dei rischi di questa nuova tecnologia”.

Banks informa che in alcune scuole del Queens, l’esperimento è già in corso: si discute dei pregiudizi dell’IA attraverso esercizi specifici, o si utilizza ChatGpt – o strumenti simili – per progettare lezioni personalizzate.

“Nostro Paese è potenzialmente sull’orlo di un significativo cambiamento sociale guidato dall’intelligenza artificiale generativa”, scrive Banks. “Dobbiamo garantire che i benefici di questa tecnologia siano equamente distribuiti per evitare un ulteriore ampliamento delle disuguaglianze socioeconomiche nel nostro Paese. Ci assicureremo che i nostri studenti possano sfruttare le opportunità offerte dall’IA in vista degli attuali e futuri lavori. Molte di queste opportunità si baseranno su innovazioni tecnologiche, sia sull’intelligenza artificiale che su innovazioni ancora sconosciute a noi”.

Il ragionamento di Banks è un avvertimento per le scuole di ogni paese e per il corpo docente. Un avvertimento rivolto in particolare ai più scettici, a coloro che ritengono ancora importante proibire ai propri studenti l’uso dell’IA generativa.

La scuola deve garantire l’inclusione.

Durante la pandemia e quindi durante l’educazione a distanza, abbiamo visto come lo status economico e sociale di una famiglia influenzi l’educazione a distanza dei propri figli, in termini di accesso a Internet e dispositivi necessari per seguire le lezioni.

Ebbene, se la scuola dovesse vietare ChatGpt in classe, ci sarebbero studenti che la useranno a casa.

E qui riaffiora il rischio di un divario tecnologico. Amplificato dal fatto che, per esempio, uno studente potrebbe accedere a casa alla versione più potente di ChatGpt – disponibile per gli abbonati a 20 euro al mese – perché suo padre è un professionista che la utilizza per il suo lavoro. Il compagno di classe di questo studente, invece, potrebbe rimanere con la versione gratuita, più limitata.

Ci sono ambiti in cui il talento e la creatività possono compensare la mancanza di strumenti adeguati, ma la rivoluzione tecnologica in corso è talmente straordinaria e potente da poter offuscare anche il più brillante dei geni.

Lo studente che usa l’IA generativa avrà un vantaggio rispetto a chi non potrà usarla. E sarà un divario difficilmente colmabile. Per questo, non solo le scuole dovrebbero usare ChatGpt: dovrebbero sempre disporre della versione più recente, anche se questo comporta un investimento economico.

La scuola non può lasciare nessuno indietro. Tutti devono avere pari diritti. Tutti devono avere pari opportunità. Soprattutto nell’era digitale.

Di ihal